Perché le più magiche? È semplice, perché producono un effetto immediato e simultaneo a chi le pronuncia e a chi le riceve, migliorando la relazione, rendendo una comunicazione più efficace, risolvendo un problema. Così, d’incanto. Tanto magiche e pur tanto bistrattate: per cultura, per orgoglio, per disattenzione.
Non c’entrano le buone maniere o il livello d’istruzione, bensì viene coinvolto il complesso dei valori che abbiamo consolidato nel nostro intimo; quei valori ci suggeriranno se tendenzialmente aprirci al prossimo oppure no. Si tratta di scelte individuali, per cui non ci deve sorprendere che ci siano individui che non accoglieranno con favore il nostro incoraggiamento, la nostra gratitudine, il nostro pentimento. La cultura è personale, ma anche della società e dell’ambiente a cui apparteniamo.
Siamo abituati, sin da piccoli, a mostrarci forti, convinti, perfetti e forgiamo un carattere autocentrato, poco incline a manifestare dubbi, emozioni e debolezze. L’orgoglio viene così covato e, seppur utile, in taluni casi sfocia nella rigidità; quest’ultima ci rassicura fin tanto che i nostri punti di vista restano saldi come tessere ben incastrate di un puzzle, ma si sfalda anche disastrosamente non appena la struttura cede su un lato. Un “bravo”, un “grazie” o un “scusa” possono rappresentare l’esteriorità di uno stato emotivo destabilizzante per chi è sin troppo orgoglioso, quindi da evitare o da utilizzare con massima parsimonia.
Per molti di noi poche sono motivazioni che ci spingono verso gli altri se non l’opportunismo e, pertanto, non siamo allenati all’empatia e al prenderci cura del prossimo. Tendiamo a essere sbrigativi e nella società contemporanea lo siamo diventati un po’ tutti di più. Fermarci ad annusare una rosa per strada è un gesto ormai raro e addirittura visto con sospetto da chi ci è vicino, se l’attenzione in quel momento è altrove. Ma è giusto? È proficuo? Così facendo estendiamo la nostra disattenzione dalle cose alle persone, con pericolosa facilità.
La persona grata si contrappone al critico, capace di osservare e apprezzare ciò che di buono c’è nel prossimo, consapevole dell’imperfezione umana e coraggiosa nel chiedere scusa. È, questo, l’individuo che seminerà un’aura di serenità attorno a sé e potrà aumentare le probabilità di ricevere aiuto, ove richiesto.
“Bravo” è di etimo incerto, ma chi lo ha derivato da altri termini è da considerarsi un genio inconsapevole, un leader ante litteram, un comunicatore spettacolare, per le conseguenze che tale parola produce. In una forma medievale, potrebbe derivare da bràkvus (gotico), col significato di colui che infrange o che abbatte ogni ostacolo. Insomma, un bel riconoscimento per chi lo riceve e una bella scossa adrenalinica tra due o più persone che lo condividono.
“Grazie”, plurale di “grazia”, sta per “dono”, e deriva dal nome delle tre figlie di Giove e della ninfa Eurinome, che dispensavano bellezza. In effetti, avete mai pronunciato un grazie sincero senza un contestuale sorriso? Impossibile, e il sorriso ci rende e dona bellezza. La gratitudine è un sentimento che ci rende nobili, attenti osservatori dell’impegno altrui, capaci di apprezzare, dare valore e significato ai gesti e alle attenzioni di terzi che ci riguardano.
“Scusa”, da excusāre, privare di una causa, discolpare, ma anche compensare o giustificare. Si utilizza nella duplice funzione rivolta a se stessi o a terzi. Credo che la sua forza sia equivalente, nell’uno e nell’altro verso, perché il chiedere perdono e il perdonare abbattono i muri che troppo spesso si generano nei rapporti umani. È stupendo osservare come le nostre difese non servano più nel momento in cui non le utilizziamo! Ma attenzione alle “scuse”, alle giustificazioni che, al contrario, innalzano i muri, dividendo e allontanando le persone tra loro.
A chi hai negato un “bravo!” e a chi hai negato un “grazie!” nell’ultima settimana? A chi devi delle scuse per un tuo ritardo, una tua omissione, un impegno non mantenuto, un’azione scorretta, un…?
Commercialista insolito, docente di Capacità Gestionali e Relazionali presso la Scuola di Farmacia di Bologna. Ho interrotto da anni le attività tipiche della professione per supportare le aziende verso il cambiamento: nuove idee, modelli organizzativi, analisi economiche, sviluppo delle risorse umane; una consulenza direzionale su misura per le PMI.
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